16 Febbraio 2021

La telefonata

“Sto meglio, sì” mi risponde la voce dall’altra parte.
Un semplice monitoraggio telefonico di una paziente a concludere il turno di quel giorno.
“Cioè, a parte che mio marito è deceduto ieri”.
Devo aver capito male.
“Bene, signora. I sintomi ci sono ancora? La febbre?”
“No, non ho più la febbre. Non me la sono provata molto, per la verità. Sono stati due giorni difficili”.
-Ma davvero le hai chiesto se ha la febbre?  Suo marito è deceduto, ha detto. E tu hai tirato dritto e le hai chiesto dei sintomi?Cazzo, e ora come si recupera?
La mia voce in quella telefonata stonava come quei: “tutto bene?” inconsapevoli e squillanti ricevuti mentre stavo attraversando il periodo più difficile della mia vita. –
“Grazie di aver chiamato, comunque. Anche mio figlio sta meglio. Penso abbia un po’ paura per me, ora, anche se non lo dice”.
Ricordavo il ragazzo a casa con lei, malato, presumibilmente Covid anche il suo, in una forma paucisintomatica. Non mi era stato segnalato niente, prima, dal suo medico.
La mamma però mi aveva chiesto se potevo visitare anche lui.
“So che non è previsto ma il papà è ricoverato in ospedale e noi siamo un po’ tesi. Mio marito era ammalato da tre settimane buone. Febbre e tosse. Il medico al telefono ci ha detto che poteva comunque restare a casa. Poi una notte di quasi una settimana fa ha cominciato a fare fatica a respirare e il 118 lo ha ricoverato. I valori della saturazione erano buoni fino a quel momento. Li misuravo io. Abbiamo trovato su Amazon un saturimetro, per fortuna. È proprio come il suo. Mi consola! Allora va bene!”
Anche io l’ho preso su Amazon, in realtà. Sono introvabili altrimenti. È un saturimetro un po’ più ottimista di quello che abbiamo in dotazione come servizio. Li uso sempre entrambi in quei primi giorni, soprattutto per valutare se il mio acquisto è affidabile.
“Ieri anche lui ha avuto nausea ma oggi va meglio. Secondo me è un po’ spaventato. Lo siamo entrambi, vero?”.
Il figlio poco più che maggiorenne mi guardava con gli occhi sgranati e un mezzo sorriso tirato. E annuiva alla mamma.
“Ci credo, signora. Ma cosa vi hanno detto dall’ospedale?”.
“Mio marito chiama tutti i giorni e dice che ora va un po’ meglio. La sua voce non è granché, a dir la verità, ma i medici sembrano ottimisti. Spero torni presto a casa. Lei che dice?”.
Nonostante il leggero affanno aveva voglia di parlare. La polmonite ce l’aveva forse anche lei. Ma le ambulanze ancora erano ancora sempre piene, spesso viaggiavano con le sirene e gli accessi in ospedale erano limitati. Non si poteva andare troppo per il sottile nel richiedere accertamenti.
Se i valori di saturazione erano buoni, la signora rimaneva a casa. Solo monitoraggio telefonico ed un’eventuale nostra rivalutazione se la situazione lo richiedeva.”La spesa me la allunga una vicina davanti alla porta e io scendo a recuperarla e il medico di famiglia ci chiama ogni giorno; hanno anche mandato direttamente i farmaci dalla farmacia. Sono stati tutti gentili ma lei è la prima persona che entra in questa casa da quasi un mese. Dei famosi tamponi si sa niente?”
“Ancora no, signora. Sono un po’ indietro”
“Eh, li capisco. Immagino la confusione! Nella nostra via sono morti in quattro in questo marzo. E il signore che abita qui accanto da ieri è in ospedale. È anche anziano, lui..”.
Tornando alla macchina, l’ “Andrà tutto bene’ colorato appeso qualche balcone più avanti mi aveva scatenato un brivido.
E ora, due giorni dopo, al telefono, mi stava annunciando a mezza voce che il marito era morto. 
“Mi dispiace molto, signora. Non ero certa di aver capito, prima”.
“Dispiace anche a me. Aveva 62 anni. 62. E mio figlio ne ha solo 23. Ma come si fa ora? Mi scusi lo sfogo”
-quale sfogo? Avrebbe potuto piangere , urlare. Disperarsi. E invece era calma. Esausta, probabilmente. Pensavo a quella casa. Al gelo che la doveva avere avvolta all’improvviso. Al fatto che la  madre e il figlio in attesa che avevo conosciuto due giorni prima non esistevano più. Archiviati, insieme alla speranza preoccupata che avevo letto negli occhi di quella donna. Nuovo capitolo, ora. Allora è così che succede con questo Covid? Ero attonita. E muta.
“Ora ci sono anche tante cose da fare. E io non sto ancora bene. Mi sta dando una mano mia cognata, per fortuna. Posso chiederle una cosa?”
“Certo, signora”.
“Posso uscire, io? Non so ancora quando potrà essere il funerale, ma non lo abbiamo più visto da vivo e vorrei poterlo salutare quando lo porteremo al cimitero”.
-Odio tutto questo. Lo trovo ingiusto. Al di là di tutti gli sforzi razionali, proprio non riesco a darmi pace su questa assenza di saluto. Su queste morti in solitudine.
E come faccio a dirle che il fatto che abbia avuto dei sintomi la rende obbligata alla quarantena anche senza avere un tampone positivo?
“Per ora non può signora, mi spiace tanto. Devono passare dieci giorni dalla fine dei sintomi”.
“Forse faccio in tempo, comunque. Mi hanno detto che ci vorrà un po’ per le cose burocratiche. La ringrazio molto di aver chiamato”
“Condoglianze, signora”.

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