30 Aprile 2021

Paure nel buio

Non c’era traccia di vento. Nonostante questo le piccole foglie degli alberi sopra la sua testa si muovevano in un’alternanza di silenzi e fruscii che la facevano sussultare.
La strada che aveva percorso era sepolta dal buio dietro le sue spalle. Ma lei sapeva che solo poche decine di metri indietro c’era la baita. Aveva salutato nell’ora blu i sette nanetti dalla vernice scrostata che attorniavano disordinati l’aiuola. E Biancaneve dov’era? “Non l’hai vista? Era dietro le tende che ci salutava” le diceva la nonna, quando lei era alta poco più di quei nani.
Il pensiero degli occhi di Biancaneve che la spiavano di nascosto le diede i brividi. Quella pelle bianca, quelle gote e quelle labbra rosse da bambola di porcellana animata le avevano sempre fatto impressione. Biancaneve non è qui. Biancaneve non esiste.
“Il lago” era poco più avanti. Per lei quella pozza d’acqua si era sempre chiamata così. Era subito dopo il Grande Prato. Lo aveva raggiunto così tante volte, negli anni. Con la luce. Sempre dritto. Un migliaio di passi al massimo. Non c’era nulla da aver paura. Solo procedere lentamente per non inciampare nelle radici degli alberi.
Ma le sembrava di camminare da almeno mezz’ora e ancora non intravedeva nessun bagliore d’acqua davanti a lei. Il sentiero era anche più largo e in salita di quanto ricordasse.
Tornò sui suoi passi per qualche metro. Magari c’era un bivio a cui non aveva mai fatto caso prima. Guardava a destra e a sinistra, cercando attorno punti di riferimento. Ma lo scarno spicchio di luna al di là degli alberi le restituiva soltanto ombre scure.. Nel bosco rimbalzava l’ululato di un cane in lontananza.
E, più vicino, un rumore sottile di passi sulle foglie secche.
Qualche animale nella boscaglia.
Non c’era nulla da avere paura.
Avrebbe sempre potuto tornare indietro. La rassicurava questo pensiero. Si fermò e buttò un’occhiata davanti a lei stringendo gli occhi per mettere a fuoco la strada.
Una lunga salita di asfalto grigio. Non era possibile. Laggiù in fondo, oltre il piano, intravedeva la sagoma di casa della zia. E papà? Dov’era papà?
“Papà” Silenzio. “Papà” Silenzio. “Papà dove sei?” Silenzio.
Implorava muta antichi fantasmi mentre sentiva la sua voce rimbombare attorno in respiri affannati: “Non è vero, non è vero, non è vero, non è vero”.
Un’ombra le passò veloce davanti agli occhi. “Papà, sei tu?”.
Il cuore batteva forte. “Papà non mi fare paura un’altra volta, ti prego papà”.
Era sola.
Questo pensiero bloccò il respiro sull’ultima corta inspirazione.
Il bosco tornò nel suo silenzio più assoluto.
Papà non avrebbe più giocato con le sue paure del buio.

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